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Ipogonadismo – Clinica, complicanze e diagnostica

Aldo E. Calogero
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Catania

CLINICA
Il quadro clinico del paziente con ipogonadismo primario varia in funzione del momento della sua insorgenza.

Carenza fetale di androgeni
Durante le prime 14 settimane di gestazione, la presenza di testosterone è essenziale per la normale virilizzazione dei genitali esterni del feto di sesso maschile. La carenza di androgeni o la resistenza recettoriale (dovuta a mutazioni con perdita di funzione del recettore specifico) in questa fase della vita può comportare uno sviluppo genitale anormale, con quadri che vanno dall’ipospadia alla femminilizzazione dei genitali esterni con testicoli intra-addominali. Spesso, nei pazienti con disordini dello sviluppo sessuale la diagnosi viene posta in età precoce per la presenza di genitali esterni ambigui. Talvolta tali pazienti possono passare inosservati durante l’infanzia e la diagnosi viene posta durante la pubertà a causa dello sviluppo puberale ritardato (in uomini fenotipicamente normali o in persone con fenotipo femminile aventi corredo cromosomico 46,XY e amenorrea primaria).

Insorgenza pre-puberale della carenza di androgeni
All’inizio della pubertà, l’aumento dei livelli di gonadotropine stimola la secrezione e il rilascio di testosterone e attiva la spermatogenesi, con conseguente aumento del volume testicolare. L’aumento dei livelli sierici di testosterone determina lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili, comprendente la crescita dei peli nelle regioni androgeno-dipendenti, l’abbassamento del tono della voce, l’aumento delle dimensioni del pene, della massa muscolare, della mineralizzazione e della massa ossea, della velocità di crescita peri-puberale e, infine, la chiusura delle epifisi con maturazione dei vari segmenti dello scheletro. Il testosterone inoltre presenta effetti psico-sessuali ed è responsabile dell’aumento della libido.
Il deficit di androgeni grave si manifesta con un quadro di ipogonadismo a esordio pre-puberale, caratterizzato dal mancato avvio della pubertà. Quando il deficit di androgeni è meno marcato, lo sviluppo puberale può essere incompleto o ritardato, determinando un quadro fenotipico più lieve. In questi pazienti, la diagnosi di ipogonadismo può essere sospettata per la presenza di ipotrofia testicolare, storia di criptorchidismo, ginecomastia, presenza di peluria rada, habitus eunucoide, ridotta massa ossea e infertilità.

Sindrome di Klinefelter
I segni clinici della sindrome compaiono solitamente in epoca puberale, ossia quando si verifica il fisiologico aumento della produzione di gonadotropine, non seguito, tuttavia, dall’ingrandimento dei tubuli seminiferi (da cui dipende il volume testicolare). Dal punto di vista istologico, i testicoli di questi soggetti vanno incontro a un progressivo processo di fibrosi e ialinizzazione tubulare. Alla compromissione del compartimento tubulare si associa un grado variabile di disfunzione delle cellule di Leydig, che vanno incontro a un processo di iperplasia secondario ad aumento dei livelli di LH, responsabile di un’aumentata produzione estrogenica.
All’esame obiettivo genitale, i soggetti con s. di Klinefelter presentano testicoli piccoli e di consistenza aumentata (a volte sono palpabili solo delle benderelle fibrose); le dimensioni del pene sono variabili, ma più frequentemente nella norma. Inoltre, si riscontrano azoospermia (più raramente criptozoospermia), riduzione della crescita dei peli del viso e del dorso (80% dei casi), ginecomastia, deficit di vitamina D e osteopenia, alterazione delle proporzioni scheletriche (lunghezza vertice-pube < lunghezza pube-suolo), aumento della massa grassa e riduzione di quella muscolare. Per quanto concerne l’aspetto psicologico, questi pazienti sono tendenzialmente timidi e introversi (1).
Da non dimenticare è anche l’associazione con altre patologie: malattie cardio-vascolari (che si associano in generale all’ipogonadismo), malattie polmonari croniche, varici venose e ulcere agli arti inferiori, alterazioni del metabolismo glucidico, ipotiroidismo primitivo, carcinoma mammario, malattie ematologiche (anemia), iperplasia dell’ipofisi, malattie autoimmuni, tumori delle cellule germinali (mediastino, retro-peritoneo, encefalo e testicolo) (1).
Oltre alla forma classica (47,XXY), esistono varianti della sindrome di Klinefelter, caratterizzate da più cromosomi X soprannumerari, e mosaicismi (10-30% dei casi), in cui il cromosoma X soprannumerario si localizza solo in una parte delle linee cellulari (cariotipo 46,XY/47,XXY).

Insorgenza post-puberale della carenza di androgeni
Vedi anche ipogonadismo età-correlato.
I segni e sintomi della carenza di androgeni variano a seconda dell’età di insorgenza, della durata e della gravità del deficit. I sintomi più frequenti nel maschio adulto sono la riduzione del desiderio sessuale e dell’attività sessuale, la disfunzione erettile e le vampate di calore. Negli uomini di età compresa tra i 49 ed i 79 anni, i tre sintomi che meglio si associano a ipogonadismo sono diminuzione delle fantasie erotiche, erezioni mattutine ridotte di frequenza e comparsa di disfunzione erettile.

DIAGNOSI
All’esame obiettivo è importante valutare l’indice di massa corporea (BMI), il rapporto vita-fianchi (o il diametro addominale sagittale), la distribuzione pilifera nel corpo, la perdita di capelli, la presenza di ginecomastia, il volume testicolare (valutato mediante orchidometro di Prader o ecometria testicolare), le dimensioni di pene, prostata e vescicole seminali mediante esplorazione ano-digito-rettale.
L’ipogonadismo viene diagnosticato sulla base di segni e sintomi legati alla carenza di androgeni e sulla valutazione dei livelli di testosterone totale costantemente bassi (almeno due rilievi con prelievi ematici eseguiti tra le 8.00 e le 11.00). I range di riferimento per distinguere i livelli normali da quelli eventualmente associati a deficit (linee guida ISA, ISSAM, EAU e ASA) prevedono un cut-off di 12 nmol/L (3.5 ng/mL) per il testosterone sierico totale e 225 pmol/L (0.65 ng/mL) per il testosterone libero.

Cut-off di testosterone totale
in nmol/L (ng/mL)
per la diagnosi di ipogonadismo
Esclusa > 12 (3.5)
Zona grigia 8-12 (2.3-3.5)
Certa < 8 (2.3)

Valori di testosterone totale > 12 nmol/L escludono chiaramente la presenza di ipogonadismo, mentre per valori compresi tra 8 e 12 nmol/L (2.3-3.5 ng/mL), si pone diagnosi di ipogonadismo in presenza di testosterone libero < 220 pmol/L e della sintomatologia specifica.
Oltre al dosaggio di testosterone, le indagini possono includere anche la misurazione delle concentrazioni sieriche di LH, che risultano al di sopra dei limiti della norma nell’ipogonadismo primario. Esse invece risultano al di sotto della norma o inappropriatamente normali nelle forme di ipogonadismo centrale. Sebbene non siano ancora disponibili chiari valori di riferimento per l’LH, sulla base dei dati presenti in letteratura (tra cui quelli forniti dallo studio EMAS) è suggerito un range di 1-7 IU/L; un attento follow-up endocrino testicolare è richiesto in caso di valori > 7-8 IU/L, anche in presenza di testosterone nel range di normalità. Esistono, infatti, forme lievi di ipogonadismo, nelle quali non sempre i livelli di testosterone totale sono ridotti. Ad esempio, gli uomini con danno testicolare primario possono avere livelli normali di testosterone ma LH elevato (ipogonadismo subclinico, definito anche ipogonadismo compensato). Le conseguenze cliniche di un aumento isolato di LH non sono ancora chiare (come pure il ruolo diagnostico della misurazione dell’LH), ma potenzialmente questi uomini potrebbero già avere segni o sintomi di ipogonadismo di grado lieve e potrebbero diventare ipotestosteronemici in futuro (2).

COMPLICANZE
L’ipogonadismo si associa a complicanze metaboliche, cardio-vascolari ed ossee, che peggiorano la qualità di vita del paziente di sesso maschile non sottoposto a terapia ormonale sostitutiva. Inoltre, l’ipogonadismo determina per sè una riduzione dell’aspettativa di vita. Infatti, l’ipotestosteronemia è stata associata ad aumento della mortalità nei pazienti non affetti da malattia cardio-vascolare, come ad esempio la sindrome di Klinefelter o l’ipopituitarismo. Altre condizioni cliniche in cui è più frequente il riscontro di ipogonadismo sono rappresentate da ipertensione, iperlipidemia e broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Complicanze metaboliche e cardio-vascolari
L’associazione tra ipogonadismo e obesità, diabete mellito, sindrome metabolica e malattie cardio-vascolari è ben documentata e descritta in numerosissimi studi. I meccanismi fisio-patologici che spiegano tale associazione sono molteplici.
L’ipotestosteronemia rappresenta un parametro predittivo indipendente di sviluppo di insulino-resistenza, diabete mellito e sindrome metabolica. Tutti gli studi epidemiologici finora pubblicati in letteratura concordano nell’affermare che la prevalenza dell’ipogonadismo aumenta, oltre che con l’età, anche con la presenza di co-morbilità, in particolar modo con l’obesità. Facendo riferimento ai dati dell’EMAS, sono stati riscontrati livelli di testosterone più bassi nei soggetti obesi, senza un concomitante aumento dell’LH. In particolare, lo studio identifica una prevalenza di ipogonadismo (testosterone < 11 nmol/L associato ai tre sintomi sessuali) negli uomini tra 40 e 79 anni, che passa dallo 0.4% in presenza di BMI normale (< 24.9 kg/m2), a 1.6% in presenza di sovrappeso (BMI 25-30 kg/m2), a 5.2% in presenza di obesità (BMI > 30 kg/m2). I dati dell’EMAS sottolineano come i cambiamenti del peso siano i maggiori determinanti nel modificare i livelli del testosterone; a parità di livelli di testosteronemia di partenza, i soggetti che perdono peso mostrano un aumento della concentrazione di questo ormone, mentre coloro che aumentano di peso mostrano un suo decremento.
Meta-analisi di studi sia trasversali sia longitudinali indicano che i livelli di testosterone sono in media più bassi di 2-3 nmol/L nei pazienti con diabete mellito tipo 2 e nei pazienti con sindrome metabolica, rispetto ai soggetti di controllo. Inoltre, l’ipogonadismo che si riscontra nei soggetti affetti da diabete mellito (in particolare il tipo 2) sembra essere in genere di tipo misto (centrale e periferico). Alla luce di tali evidenze, le più recenti linee guida internazionali suggeriscono di sottoporre a screening per deficit di testosterone non solo i soggetti che presentano sintomi sessuali, ma anche e soprattutto i pazienti affetti da obesità viscerale, sindrome metabolica e diabete mellito.
Studi epidemiologici dimostrano che l’ipogonadismo è associato ad aterosclerosi dei vasi, malattia cardio-vascolare ed eventi cardio-vascolari maggiori. Secondo una recente meta-analisi, l’ipotestosteronemia è un fattore predittivo di mortalità cardio-vascolare, mentre non sembra associarsi a un aumento dell’incidenza di eventi cardio-vascolari. Ciò significa che rispetto al paziente eugonadico, a parità di frequenza dell’evento cardio-vascolare, l’evento è generalmente più esteso e gravato da una prognosi peggiore nell’ipogonadico (3). Studi condotti su pazienti affetti da carcinoma prostatico hanno dimostrato che la deprivazione androgenica si associa anche ad aumento dell’incidenza di malattia cardio-vascolare. Bisogna considerare tuttavia che i livelli di testosterone in questi pazienti sono molto più bassi rispetto a quelli dei pazienti soggetti a malattia cardio-vascolare. La disfunzione endoteliale è uno dei principali meccanismi patogenetici alla base dell’associazione tra ipogonadismo e malattia cardio-vascolare. Alcuni studi hanno osservato una diversa espressione immuno-fenotipica delle cellule progenitrici dell’endotelio nei pazienti affetti da ipogonadismo e sindrome metabolica, e un miglioramento dei marcatori indicativi di disfunzione endoteliale nei pazienti ipogonadici trattati (4).

Complicanze ossee
Il testosterone ha un ruolo cruciale nel processo di maturazione ossea. Esso, infatti, interviene nella saldatura delle epifisi delle ossa lunghe e nel raggiungimento del picco di massa ossea alla fine della pubertà, e nel suo mantenimento durante l’età adulta. Gli effetti che il testosterone esercita a livello del tessuto osseo sono mediati dall’estrone e dal 17ß-estradiolo, derivanti principalmente dall’aromatizzazione periferica rispettivamente del testosterone e del suo precursore, il Δ4-androstenedione. Tuttavia, circa il 20% degli estrogeni presenti in circolo è prodotto direttamente dalle cellule del Leydig. Attraverso l’interazione con il recettore degli estrogeni di tipo α (ERα) (la forma recettoriale maggiormente espressa a livello osseo), gli estrogeni esercitano un’azione inibente l’attività degli osteoclasti, sia inducendone l’apoptosi, sia riducendo la produzione di citochine stimolanti l’attività osteoclastica (IL-1, IL-6, TNFα) prodotte dagli osteoblasti.
I maschi affetti da ipogonadismo presentano valori di densità minerale ossea più bassi rispetto ai maschi eugonadici della stessa età. Secondo alcuni studi epidemiologici, si stima che l’ipogonadismo sia presente nel 20% dei maschi con fratture vertebrali e nel 50% dei casi di quelli con fratture dell’anca. Alcuni studi randomizzati hanno inoltre dimostrato un aumento della densità minerale ossea nel distretto femorale (+2.7%) e lombare (+10.2%) a 36 mesi dall’inizio della terapia ormonale sostitutiva (5). Essa è stata recentemente approvata come opzione terapeutica di prima scelta per il trattamento dell’osteoporosi nei maschi affetti da ipogonadismo (6).
Oltre che dall’ipotestosteronemia, un ruolo patogenetico importante nell’insorgenza della demineralizzazione ossea nelle forme di ipogonadismo primario è svolto dalla vitamina D. Le cellule di Leydig esprimono infatti l’isoforma microsomiale CYP2R1 dell’enzima 25α-idrossilasi, che converte la vitamina D nella sua forma metabolicamente attiva. Ne deriva che qualunque alterazione della funzione del compartimento leydigiano, riscontrabile nelle forme di ipogonadismo primario, si può ripercuotere non solo sui livelli di testosterone, ma anche su quelli della vitamina D, gravando negativamente sulla salute ossea. Numerosi studi sia in-vitro che in-vivo, pubblicati in letteratura soprattutto negli ultimi anni, hanno dimostrato una forte associazione tra i livelli di testosterone e di 25(OH)-vitamina D, non solo nell’ipogonadismo primario e centrale, ma anche in quello cosiddetto “compensato” (studio EMAS), e concordano nell’affermare che un qualunque danno testicolare comporta un deficit della vitamina D legato alla compromissione dell’espressione dell’enzima 25α-idrossilasi, la cui espressione sembra essere tra l’altro LH-dipendente.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  1. Groth KA, Skakkebæk A, Høst C, et al. Clinical review: Klinefelter syndrome – a clinical update. J Clin Endocrinol Metab 2013, 98: 20-30.
  2. Foresta C, Calogero AE, Lombardo F, et al. Late-onset hypogonadism: beyond testosterone. Asian J Androl 2015, 17: 236-8.
  3. Corona G, Rastrelli G, Monami M, et al. Hypogonadism as a risk factor for cardiovascular mortality in men: a meta-analytic study. Eur J Endocrinol 2011, 165: 687-701.
  4. La Vignera S, Condorelli R, Vicari E, et al. Original immunophenotype of blood endothelial progenitor cells and microparticles in patients with isolated arterial erectile dysfunction and late onset hypogonadism: effects of androgen replacement therapy. Aging Male 2011, 14: 183-9.
  5. Isidori AM, Balercia G, Calogero AE, et al. Outcomes of androgen replacement therapy in adult male hypogonadism: recommendations from the Italian society of endocrinology. J Endocrinol Invest 2015, 38: 103-12.
  6. Vescini F, Attanasio R, Balestrieri A, et al. Italian association of clinical endocrinologist (AME) position statement: drug therapy of osteoporosis. J Endocrinol Invest 2016, 39: 807–34.