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Disforie di genere – Premesse sulla gestione

Ferdinando Valentini
UOS di Endocrinologia per i Disturbi dell’Identità di Genere, AO S. Camillo-Forlanini, Roma

 

CENNI DI BIOLOGIA DELLA SESSUALITÀ UMANA
Nel 1947 Jost propose uno schema di sviluppo sessuale nell’Uomo che fu successivamente ampliato, nel 1955, da John Money (a cui va il merito di aver coniato il termine “identità di genere”). Tale schema comprende:

  • il sesso genetico o cromosomico
  • il sesso ormonale o gonadico
  • il sesso fenotipico o apparente
  • il sesso comportamentale o psicologico (gender identity)

Il sesso genetico
Il cariotipo umano normale maschile è 46 XY e femminile 46 XX. La presenza del cromosoma Y è indispensabile affinché la gonade embrionaria indifferenziata o primordiale si sviluppi in testicolo e il fenotipo finale sia quello maschile. In assenza di materiale “Y”, almeno di una parte dell’Y, la gonade indifferenziata si svilupperà come ovaio e i genitali esterni saranno tipicamente femminili. È stata descritta una varietà di cariotipi differenti (ad esempio XXY, XXXY, XYY, X0, XXX) e la gran parte di queste anomalie genetiche comporta anomalie nello sviluppo dei caratteri sessuali secondari o alterazioni dello sviluppo puberale. In presenza di entrambe le linee cellulari X ed Y (mosaicismi X0/XY ad esempio), una situazione di ermafroditismo vero, possono coesistere sia tessuto ovarico che testicolare, con ambiguità dei genitali esterni ed interni.

Il sesso gonadico
Al momento del concepimento l’embrione contiene un paio di gonadi indifferenziate.
In presenza dell’Y o parti dell’Y, la gonade indifferenziata si sviluppa in senso testicolare, con la comparsa delle cellule del Sertoli (linea germinativa, fondamentali per la maturazione degli spermatozoi) e delle cellule del Leydig (linea steroido-sintetica, fondamentali per la sintesi e la secrezione degli androgeni testicolari). Le cellule del Sertoli producono inoltre un ormone proteico, l’ormone anti-mulleriano (AMH), che provoca la degenerazione dei dotti di Müller (che come i dotti di Wolff sono parti dell’apparato urinario embrionario) che nella femmina daranno luogo alle tube di Falloppio, all’utero e al terzo superiore della vagina. Le cellule del Leydig fetali iniziano la produzione di testosterone, che determina lo sviluppo dei dotti di Wolff, in grado di formare l’epididimo, i dotti deferenti e le vescicole seminali. Il testosterone, ridotto a diidro-testosterone (DHT) ad opera dell’enzima 5-alfa-reduttasi (particolarmente ricco nell’abbozzo dei genitali esterni), determina lo sviluppo dei genitali esterni in senso maschile e lo sviluppo della prostata. Il testosterone è altresì convertito, ad opera dell’enzima aromatasi, in estradiolo e i due enzimi (5-alfa-reduttasi ed aromatasi) sono presenti in sedi diverse dall’apparato genitale ed in alcune regioni cerebrali come l’ipotalamo.
In assenza dell’Y o parti dell’Y, la gonade indifferenziata si sviluppa in ovaio e l’assenza delle cellule del Sertoli e del Leydig comporta lo sviluppo dei dotti di Müller e l’involuzione di quelli di Wolff, con la conseguente evoluzione in senso femminile dei genitali interni. L’assenza del testosterone e la conseguente mancata conversione in DHT, fa sì che l’abbozzo genitale esterno si sviluppi in senso femminile.

Il sesso fenotipico
L’aspetto dei genitali esterni alla nascita, quindi, dipende dall’intergioco dei fattori genetici, gonadici ed ormonali precedentemente ricordati. L’acquisizione del definitivo aspetto fenotipico maschile o femminile si compie alla pubertà. Infatti, il periodo pre-puberale è relativamente quiescente dal punto di vista ormonale.
Gli ormoni della pubertà accentuano le differenze sessuali e portano a compimento il dimorfismo sessuale maschio/femmina. Il testosterone e il suo derivato DHT inducono la crescita del pene e la comparsa delle caratteristiche sessuali secondarie, quali la crescita dei peli sessuali (barba, baffi e peli pubici con il caratteristico aspetto a losanga verso l’ombelico lungo la linea alba dell’addome), la crescita della laringe con il conseguente abbassamento del tono della voce, l’accrescimento delle masse muscolari e la maggior crescita delle ossa lunghe degli arti inferiori, che spiega la maggiore altezza media del maschio adulto rispetto alla femmina. Nelle ragazze gli estrogeni associati al progesterone inducono lo sviluppo mammario e la distribuzione dell’adipe prevalentemente su cosce e addome, con il raggiungimento della caratteristica figura femminile. La cute nella donna è generalmente più sottile, liscia e meno ricca di sebo rispetto all’uomo, grazie al maggior tasso di estrogeni e alla bassa concentrazione di androgeni.
La pubertà è un evento esclusivamente centrale, ipotalamico, caratterizzato dalla progressiva comparsa della secrezione pulsatile delle gonadotropine ipofisarie (FSH ed LH), legata alla comparsa della secrezione pulsatile del GnRH, l’ormone ipotalamico che stimola la secrezione gonadotropinica. Il GnRH, che fino al momento della pubertà è secreto in modo continuo, mostra picchi secretori ogni 60-90’, con valori vicini a 0 negli intervalli inter-picco. Solo dopo la comparsa dei picchi del GnRH è possibile una normale secrezione di FSH ed LH e la conseguente stimolazione di ovaio e testicolo, che iniziano la secrezione “matura” di testosterone e rispettivamente di estradiolo e progesterone.

Il sesso comportamentale o psicologico: l’identità di genere
Se per i precedenti “tre sessi” è possibile tracciare gli eventi genetici e ormonali che li governano, ben poco è noto degli eventi biologici che sono alla base del dimorfismo sessuale maschio/femmina nel comportamento sessuale e non sessuale. Tutti gli studi endocrinologici effettuati per spiegare i disturbi dell’identità di genere (DIG) non sono stati in grado di dimostrare significative alterazioni in senso ormonale rispetto al sesso genetico, gonadico e fenotipico. Forse questo è il confine dove l’endocrinologo ancora non riesce ad entrare con le sue conoscenze e dove invece lo psichiatra e lo psicologo sono in grado di fornire maggiori spiegazioni al fenomeno per cui un uomo biologicamente del tutto normale si senta e si comporti, non solo nelle sue scelte sessuali, come una donna biologicamente del tutto normale e viceversa.

 

PREMESSE SULLA GESTIONE DEI DISTURBI DELL’IDENTITÀ DI GENERE
Le persone con DIG che desiderano acquisire le caratteristiche sessuali del sesso opposto devono essere sottoposte a un trattamento ormonale efficace e sicuro sia prima che dopo l’intervento chirurgico di rassegnazione di sesso. La terapia ormonale deve:

  • sopprimere le caratteristiche del sesso biologico (demascolinizzazione – defemminilizzazione);
  • indurre le caratteristiche del sesso opposto (femminilizzazione – virilizzazione);
  • essere efficace;
  • essere sicura.

Nel settembre 2009 sono state pubblicate su Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, da Endocrine Society in collaborazione con World Professional Association for Transgender Health, European Society of Endocrinology e Lawson Wilkins Pediatric Endocrine Society, le linee guida per il trattamento endocrinologico delle persone con DIG sia in età puberale che adulta (1-4). Questi sono i principali punti affrontati dalle linee guida.

1. Procedure diagnostiche

  • La diagnosi di DIG deve sempre essere fatta da uno psichiatra e/o psicoterapeuta esperto in DIG, in modo particolare nell’età della adolescenza (DSM-IV-TR)(5-13).
  • Data l’elevata percentuale di remissione del DIG all’inizio della pubertà, è essenziale non effettuare una terapia ormonale “definitiva” nel soggetto pre-pubere e all’inizio della pubertà (stadio 1-2 di Tanner).
  • È auspicabile quindi effettuare solo una terapia di blocco reversibile della pubertà con gli analoghi del GnRH.
  • Tutte le persone con DIG devono essere informate in modo esaustivo circa i rischi-benefici a lungo termine della terapie ormonali, specie in relazione alla possibile perdita irreversibile della fertilità e agli effetti negativi della terapia a lungo termine sull’osso.

2. Trattamento ormonale negli adolescenti

  • Gli adolescenti devono rientrare nei criteri diagnostici di DIG per iniziare la terapia con analoghi del GnRH.
  • La terapia deve iniziare solo dopo l’inizio della pubertà, confermata dai livelli ormonali di estrogeni o di androgeni, e dopo un’accurata valutazione clinica dello stadio di Tanner raggiunto.
  • La terapia deve sopprimere i livelli ormonali del sesso biologico.
  • La terapia ormonale di transizione al sesso opposto deve iniziare dopo i 16 anni.
  • La terapia chirurgica di riassegnazione deve essere eseguita dopo un adeguato periodo di real-life test (almeno 2 anni) e con un adeguato supporto di tipo psico-terapeutico.

3. Trattamento ormonale negli adulti

  • La terapia ormonale deve iniziare solo dopo un adeguato percorso psico-terapeutico e l’endocrinologo, esperto di questa terapia, deve costantemente confrontarsi con lo psicologo che segue la persona.
  • Devono essere valutate tutte le condizioni mediche che controindicano la terapia ormonale (tabella 1).
  • I livelli di ormoni del sesso opposto devono essere mantenuti su livelli fisiologici.
  • Devono essere effettuati controlli clinici trimestrali nel primo anno di terapia e semestrali fino all’intervento di riassegnazione, con follow-up almeno annuale dopo l’intervento di gonadectomia.

4. Prevenzione degli eventi avversi e terapia a lungo termine

  • Esami di laboratorio ogni 3 mesi nel primo anno e ogni 6 mesi negli anni successivi; controlli annuali dopo l’intervento di conversione.
  • Monitoraggio dei livelli di testosterone, con il dosaggio del testosterone totale a metà periodo di somministrazione e alla fine del periodo.
  • PRL nei DIG M-t-F, con RM ipofisaria in casi di livelli di PRL > 100 ng/mL.
  • Valutazione del rischio cardio-vascolare individuale.
  • Valutazione dopo 5 anni di terapia del rischio osteoporotico, con MOC lombare e femorale.
  • Valutazione del rischio di neoplasia della mammella nei DIG M-t-F, con ecografia mammaria (prima dei 35 anni) e con eco + mammografia (dopo i 35 anni) a intervalli annuali.
  • Valutazione del rischio di carcinoma della prostata con visite andrologiche annuali, dei livelli di PSA ed eventualmente con esame ecografico.
  • Valutazione del rischio di carcinoma ovarico, peraltro minimo, in relazione al fatto che l’istero-annessiectomia viene effettuata nella quasi totalità dei casi.
Tabella 1
Controindicazioni alla terapia ormonale nei DIG F-t-M
Rischio elevato Carcinoma mammario o dell’endometrio
Poliglobulia (Ht > 50%)
Rischio medio GPT > 3 volte il limite superiore della norma

Annullamento delle caratteristiche sessuali del sesso di origine
L’annullamento delle caratteristiche sessuali di origine è un evento sempre incompleto. Nessun trattamento ormonale riuscirà a modificare:

  • nel transessuale M-t-F gli effetti che gli androgeni hanno esercitato precocemente sullo scheletro, prima del termine della crescita (altezza maggiore, forma della mandibola, grandezza delle mani e dei piedi e morfologia del bacino) e il timbro della voce legato alla maggior grandezza della laringe maschile;
  • nel transessuale F-t-M la relativa minore altezza e la conformazione più ampia del bacino.

Induzione delle caratteristiche sessuali del sesso di riassegnazione
Mentre nella gran parte dei transessuali F-t-M è possibile indurre, con la terapia androgenica, un buon sviluppo maschile, nel transessuale M-t-F gli effetti femminilizzanti degli estrogeni e del progesterone possono essere spesso non soddisfacenti e parziali, specie per l’inibizione della crescita di barba e baffi e per l’induzione dello sviluppo delle mammelle. Infine gli effetti di induzione ormonale sono estremamente soggettivi e legati alla risposta dei recettori per gli estrogeni presenti anche nei tessuti maschili. I primi risultati positivi, quali il tono di voce più basso nella donna e l’aumento di volume delle mammelle nell’uomo, si possono osservare in media dopo 8-12 settimane dall’inizio della terapia, mentre un aspetto fenotipicamente accettabile è raggiungibile spesso solo dopo 6-24 mesi.

 

BIBLIOGRAFIA 

  1. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revised (DSM IV-TR). Washington DC, 2000.Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM IV-TR. Masson, Milano, 2001.
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  5. Cammarella A. Il disturbo dell’identità di genere in adolescenza. In: Ammaniti M (a cura di). Manuale di psicopatologia dell’adolescenza. Raffaello Cortina, Milano, 2002.
  6. Chianura L, Mosconi M. I disturbi dell’identità di genere in età evolutiva. In: Chianura L, Ravenna AR, Ruggieri V (a cura di). Esistenze possibili. Clinica, ricerca e percorsi di vita nei disturbi dell’identità di genere. Edizioni Universitarie Romane – EUR, Roma, 2006.
  7. Chianura L. Il trattamento dei disturbi dell’identità di genere presso l’equipe integrata del SAIFIP – Ospedale San Camillo. In: Chianura P, Schepisi L, Della Rosa AC, et al (a cura di). Le relazioni e la cura. Viaggio nel mondo della psicoterapia relazionale. Franco Angeli, Milano, 2008.
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  10. Dèttore D, Ristori J. Disturbo dell’identità di genere in età evolutiva. In: Dèttore D (a cura di). Il disturbo dell’identità di genere. McGraw-Hill, Milano, 2005.
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  12. Di Ceglie D. Riflessioni sulla natura dell’organizzazione atipica dell’identità di genere. In: Di Ceglie D (a cura di). A stranger in my own body. Karnac Book, Londra, 1998.
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