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Disfunzioni sessuali femminili

Giancarlo Balercia
Clinica di Endocrinologia, Università Politecnica delle Marche

Le disfunzioni sessuali femminili (DSF) comprendono un insieme di disturbi di origine multifattoriale e multidimensionale, che comportano l’insorgenza di un profondo disagio a impatto negativo sulla qualità di vita della persona. Circa il 45% della popolazione femminile presenta vari disturbi definiti come DSF (1).
Le DSF vengono classificate come (2,3):

  • disturbo del desiderio sessuale ipoattivo (DDSI);
  • disordini della fase di eccitamento;
  • disordini della fase orgasmica;
  • dolore sessuale, che comprende dispareunia, vaginismo e dolore non associato a rapporti coitali.

Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo
Il DDSI viene definito come la “riduzione o assenza di desiderio sessuale e fantasie-pensieri sessuali, associato alla perdita di risposta a vari stimoli erotici ed alla riduzione della motivazione sessuale, in grado di provocare una profonda sensazione di disagio personale e inter-personale” (1).
Diversi studi epidemiologici condotti negli Stati Uniti e in diversi paesi europei dimostrano come il DDSI nella popolazione femminile può raggiungere il 45% dei soggetti, fino ad arrivare al 60% con l’avanzare dell’età (4), con un rapporto donna:uomo di 2:1 o 3:1 in alcune casistiche.
L’eziologia del deficit del desiderio sessuale femminile può essere suddivisa in:

  • fattori psicologici, personali e inter-personali: immagine personale, umore, ansia e intensità del trasporto emozionale con il partner;
  • fattori biologici: presenza di depressione e terapia con anti-depressivi, squilibri ormonali come iperprolattinemie, ipotiroidismo e menopausa.

La diagnosi del DDSI è spesso molto difficoltosa, in quanto spesso la paziente non vive questa condizione come un disagio e ciò può essere la conseguenza di numerosi fattori personali, come l’etnia, il livello culturale e l’impostazione educativa familiare, le condizioni sociali, l’età e la storia sessuale passata e presente. La diagnosi viene posta tramite un colloquio dettagliato con la paziente, che indaghi in particolare lo sviluppo psico-sessuale passato con l’utilizzo di specifici test psicometrici (vedi allegato a fondo pagina) (5), le condizioni di vita attuali, la storia clinica e farmacologica, concludendo poi l’iter diagnostico con eventuali esami di laboratorio e strumentali.
La terapia medica del DDSI si basa sull’utilizzo di farmaci per il ripristino delle basi endocrine e neurochimiche della libido e, quando necessario, è opportuno associare anche un counselling individuale e/o di coppia (6). Tra le terapie mediche, utilizzate in particolare in caso di menopausa, troviamo gli estro-progestinici, il testosterone trans-dermico (300 µg/die), il tibolone e il deidroepiandrosterone. La terapia del DDSI richiede comunque un’integrazione tra l’approccio biologico e quello psico-relazionale.

Dispareunia
Viene definita come il persistente o ricorrente dolore genitale durante i tentativi di penetrazione o durante la penetrazione completa vaginale nel rapporto sessuale (2,6). Colpisce circa il 12-15% delle donne in età fertile (1) e il 45% delle donne in post-menopausa.
Si distinguono tre tipi di dispareunia a seconda della sede del dolore (7):

  • introitale o superficiale;
  • medio-vaginale;
  • profonda.

L’eziologia è multifattoriale e vede cause biologiche, psicosessuali e relazionali. Soprattutto il caso della forma superficiale e/o medio-vaginale dipende da fattori biologici, come le malattie infettive (candidosi cronica, infezioni batteriche e/o recidivanti da Gardnerella, Papillomavirus, vaginiti, …), oppure cause ormonali, come atrofie e distrofie vulvo-vaginali per carenza di estrogeni e/o androgeni. Vi possono poi essere cause muscolari, con ipertono del pavimento pelvico, neurologiche (neuropatie sistemiche e periferiche), connettivali e immunitarie, vascolari e anatomiche (imene cribroso, fibroso, agenesia vaginale e sindrome di Rokitansky) e cause iatrogene, come effetti collaterali della chirurgia perineale e pelvica ed esiti di radioterapia perineale.
La dispareunia profonda, con il dolore localizzato nella vagina posteriore o nello scavo pelvico, vede come cause principali l’endometriosi, la malattia infiammatoria pelvica, gli esiti di radioterapia pelvica, la sindrome da intrappolamento dei nervi cutanei addominali e dei nervi pelvici.
La diagnosi di dispareunia viene posta tramite anamnesi ed esame obiettivo accurati, valutando localizzazione, intensità e durata del dolore. Spesso vi sono sintomi di accompagnamento: bisogno di urinare dopo il rapporto, sintomi cistitici, secchezza vaginale, prurito e bruciore.
La terapia prevede un approccio multidisciplinare, con la necessità di individualizzare il trattamento basandosi sull’anamnesi sessuale e medica della paziente.

Anorgasmia
È definita come difficoltà persistente o ricorrente a raggiungere l’orgasmo, nonostante un adeguato stimolo ed eccitamento, che causa un distress (6).
Può essere classificata in:

  • primitiva: la donna non ha mai avuto un orgasmo;
  • secondaria: perdita della capacità di provare l’orgasmo;
  • casuale: è dovuta a circostanze occasionali.

In base all’eziologia, viene distinta in organica, psicogena o mista.
Tra le cause organiche troviamo il deficit di estrogeni e/o androgeni nelle donne in menopausa spontanea o iatrogena; esiti di danni ostetrici, chirurgici o attinici. È necessario indagare anche l’eventuale assunzione di alcol o droghe che possono deprimere l’attività del sistema nervoso centrale e possono inibire l’orgasmo soprattutto nel caso di abuso cronico. Tra le cause psicologiche ritroviamo stati di ansia e di depressione.
Non vi sono sostanze farmacologiche approvate per l’anorgasmia femminile (8), anche se esistono studi indipendenti o sponsorizzati che hanno ricercato una possibile efficacia e sicurezza di farmaci che agiscono sulle strutture sessuali centrali e periferiche.

Bibliografia

  1. Laumann EO, Paik A, Rosen RC. Sexual dysfunction in the United States: prevalence and predictors. JAMA 1999, 281: 537-44.
  2. Basson R et al. Report of the International Consensus Development Conference on female sexual dysfunction: definitions and classifications. J Urol 2000, 163: 888-93.
  3. American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders-DSM-IV, 4thed. American Psychiatric Association Press, Washington DC, 1994.
  4. Van Turnhout AA, Hage JJ, van Diest PJ. The female corpus spongiosum revisited. Acta Obstet Ginecol Scand 1995, 74: 767-71.
  5. Basson R. Women’s sexual dysfunction: revised and expanded definition. CMAJ 2005, 172: 1327-33.
  6. Basson R et al. Definitions of women’s sexual dysfunctions reconsidered: advocating expansion and revision. J Psychosom Obstet Gynecol 2003, 24: 221-9.
  7. Meana M, et al. Dyspareunia: sexual dysfunction or pain syndrome? J Nerv Ment Dis 1997, 185: 561-9.
  8. Furcroy JL. Female sexual dysfunction: potential for pharmacotherapy. Drugs 2003, 63: 1445-57.

 

Allegato
Domande guidate durante il colloquio

Da rivolgere alla coppia:

  1. chiedere alla coppia di spiegare a proprio modo i problemi sessuali presenti o presunti tali;
  2. chiedere qual è il periodo di insorgenza dei disturbi sessuali e, soprattutto, se si presentano sporadicamente o in modo persistente;
  3. cercare di determinare il contesto e la fase in cui si instaura il disturbo;
  4. chiedere quanta carica erotica e comunicativa presentano i contesti in cui si svolge l’attività sessuale; con quale frequenza e in quale momento della giornata la coppia consuma il rapporto sessuale e se tali modalità coincidono con le loro preferenze e aspettative; se durante il rapporto la coppia usa prendere precauzioni riguardo a gravidanze indesiderate e/o patologie sessualmente trasmesse;
  5. chiedere se il disturbo nasce nel contesto della relazione attuale o se già presente nel contesto di una relazione precedente;
  6. indagare come e quanto ciascun partner reagisce al problema;
  7. interrogare la coppia su eventuali terapie effettuate a riguardo e sulla loro riuscita; chiedere perché si rivolgono al medico in quel momento e non prima, se il disturbo è insorto già da tempo e come intendono affrontare i cambiamenti.

Da rivolgere al singolo soggetto, separatamente dal partner:

  1. chiedere come il partner vive la condizione di disagio e come affronta il problema;
  2. indagare sull’eventuale abitudine alla masturbazione del partner;
  3. chiedere di precedenti relazioni e indagare su eventuali proiezioni negative;
  4. determinare una sorta di storia dello sviluppo psicosessuale, chiedendo del rapporto passato e presente con i genitori e con persone care, di eventuali perdite affettive e traumi e di come si sono affrontati;
  5. indagare su eventuali storie di abuso o violenza sessuale durante l’infanzia o precedentemente all’attuale relazione.